Dalla IV di copertina del libro

Dalla IV di copertina del libro Strategie di Mediazione
Questo è un libro di comunicazione che offre strumenti operativi e concettuali per svolgere meglio il lavoro di mediatore. Un aiuto per il professionista della risoluzione del conflitto che assieme ad indicazioni pratiche, focalizzate sulla comunicazione interpersonale e di gruppo, propone e stimola una riflessione più ampia su concetti di fondo, senza la quale le indicazioni, le ricette da seguire, sarebbero vuote e sorde. La struttura del libro, in 5 capitoli, segue cronologicamente lo sviluppo di un percorso di mediazione: dalla preparazione remota e prossima, all’avvio della mediazione, dall’analisi ed esplorazione del conflitto, all’individuazione di possibili soluzioni, per finire con l’accordo. All’interno del testo si trovano esercizi per il mediatore, mappe mentali e schemi utili al lavoro con le parti. Il libro è arricchito da tre casi reali, frutto dell’esperienza degli autori. La piena fedeltà della dinamica del disaccordo, e del percorso seguito in mediazione, permette al lettore di calarsi nella realtà complessa della risoluzione, potendo meglio cogliere la relazione tra principi generali e caso concreto. Il volume nasce dalla mediazione dei “saperi” e delle conoscenze di 4 persone che, attraverso uno scambio fecondo, offrono il valore aggiunto di ottiche, sensibilità e approcci diversi.

venerdì 2 novembre 2018

L’armonia che nasce dai contrari



 


Di Giancarlo Polenghi e Fabio Carlo Ferrari


Il breve saggio di Jacqueline Morineau, “La mediazione umanistica” è un libro semplice, chiaro e potente, in grado di stimolare riflessioni profonde. Frutto di oltre trent’anni di attività di mediazione in ogni ambito, dal penale al civile, dal familiare all’internazionale, il volume spiega che cosa sia la mediazione umanistica e come funziona. Leggerlo dopo aver avuto la possibilità di trascorrere due giorni di seminario con la stessa Morineau, che di questo metodo è l’ideatrice, è una condizione felice. Il libro assomiglia alla sua autrice: una donna minuta, con lo sguardo vivo e una grande capacità di ascolto. Una personalità forte e armonica, riflessiva ma tutt’altro che cerebrale, accogliente, immediata, gentile. Si vede subito che ciò che è scritto nel libro, e ciò che insegna nei seminari, è ciò che vive. Il suo approccio alla mediazione è molto ambizioso, si punta a stimolare un nuovo sguardo sull’avvenire, ad aprire una porta sul futuro. Per fare questo offre uno spazio di ascolto al grido interiore che ogni conflitto porta con sé, il grido causato da ferite profonde e spesso antiche. Questa fase, che è la più lunga in termini di tempo, è denominata crisis e segue l’introduzione in cui i due medianti (ossia le parti in conflitto) illustrano il loro problema. Per aiutare i medianti a togliersi la maschera, ossia a dire la loro verità per intero, i mediatori (che agiscono sempre in gruppo, da due a cinque) svolgono la funzione di specchio. Dicono con semplicità quello che sentono, a livello emotivo, in modo graduale e accompagnando i medianti in un percorso di approfondimento. Per esempio si può dire: “Io sento: stanchezza” a fronte di un racconto che parli di un conflitto prolungato, e con questo piccolo aiuto esterno si può verificare se l’uno o l’altro, o entrambi, dicano di più e vadano più a fondo. I mediatori ascoltano con attenzione, non giudicano, entrano in empatia con la sofferenza per permettere a essa di uscire il più possibile allo scoperto. L’ultima fase della mediazione consiste nel riconoscere un nuovo qui e ora che emerge proprio dalla consapevolezza dei vissuti portati allo scoperto. Se i medianti sono stati aiutati a parlare e ad ascoltarsi può nascere un nuovo sguardo. Come la tragedia greca, la mediazione umanistica, si svolge in tre atti: introduzione, crisis, catarsi.
La partecipazione al seminario è stata importante per comprendere meglio questo approccio alle relazioni conflittuali: a turno i partecipanti hanno proposto i loro conflitti e hanno potuto sperimentare il ruolo di mediatori oppure semplicemente di pubblico che assisteva al processo. Jacqueline Morineau sostiene che la mediazione umanistica è scavare dentro l’anima e che la cosa più importante in essa è il cammino che si può fare insieme. Infatti il cambiamento avviene sia tra i medianti che tra i mediatori, che con questa attività conoscono meglio se stessi. L’ambizione è saper entrare in contatto con il corpo, con l’anima e con lo spirito, in un viaggio di verità, bontà e bellezza. Una difficoltà che incontrano i mediatori in questo percorso è saper ascoltare in modo vero e profondo, senza giudicare e senza farsi condizionare dalle proprie categorie mentali e dal ragionamento. Gli studi pregressi in psicologia o sociologia o filosofia o giurisprudenza possono essere un impedimento all’ascolto semplice e profondo, possono costituire una sorta di rumore assordante che impedisce di percepire. Jacqueline ha spesso fatto riferimento alla necessità di sentire con il cuore, tagliando la testa. Nella mediazione umanistica non c’è nulla da capire, ha detto, bisogna solo essere. In altre parole passare dalla rappresentazione alla relazione. Per questo essa non è una tecnica ma un cammino per un’umanizzazione reciproca.




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