Mediazione telematica, legislazione
emergenziale e autentica notarile
(Claudio Calderoni)
Il decreto
legislativo n. 28/2010 già prevede che il procedimento di mediazione può
svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo
di mediazione. La norma ha però incontrato alcune difficoltà pratiche di
attuazione con riferimento all'intervento degli avvocati, nonché per ciò che
concerne i casi in cui è necessaria anche la autentica notarile.
Adesso il comma 20 bis
dell'art. 83 del D.L. “Cura Italia” introdotto dalla legge di conversione
27/2020 ripropone la mediazione telematica; esaminiamone il testo: i primi due
periodi prevedono che “dal 9 marzo al 30 giugno 2020, gli incontri di
mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo
consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a
tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di
tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi
dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante
sistemi di videoconferenza". In buona sostanza il primo periodo
consente lo svolgimento del procedimento di mediazione non “di presenza”, ma a
distanza e “in via telematica” e poiché l'art. 3, comma 4, del d.lgs. 28/2010
già prevede la mediazione telematica in conformità al regolamento degli
organismi, è da ritenere che la norma voglia dire che la mediazione telematica,
con il consenso “di tutte le parti coinvolte nel procedimento”, possa
svolgersi telematicamente anche in assenza di una specifica previsione nel
regolamento dell'organismo di mediazione.
Il secondo periodo, invece,
nel richiamare l'art. 3 del d.lgs. n. 28/2010, evidentemente presuppone che la
mediazione telematica sia prevista dal regolamento dell'organismo, e
dall'altro, nel prevedere “sistemi di videoconferenza” e il “preventivo
consenso di tutte le parti” in qualche modo sembra limitare le facoltà
degli organismi; infatti, da un lato, limita la modalità telematica alla
video-conferenza, escludendo diversi mezzi di comunicazione a distanza e,
dall'altro, richiedendo il preventivo consenso di tutte le parti, lascia
ipotizzare che, pur accettando le parti il regolamento dell'organismo al momento
dell'inizio della mediazione, le stesse potrebbero però negare il consenso allo
svolgimento telematico del procedimento.
Gli ultimi due periodi del
comma 20 bis si riferiscono invece all'intervento degli avvocati e del
mediatore e prevedono che “in caso di procedura telematica l'avvocato, che
sottoscrive con firma digitale, puo' dichiarare autografa la sottoscrizione del
proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed
all'accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione
svoltosi in modalità telematica è sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati
delle parti con firma digitale ai fini
dell'esecutività dell'accordo
prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.”
Il primo periodo desta
alcune perplessità, poiché nel sistema del d.lgs. n. 28/2010 non occorre, salvo
per l’eventuale procura alle liti, la necessità della dichiarazione, ad opera
del difensore, della autografia della sottoscrizione del cliente, mentre la legge
espressamente dispone (art. 11, comma 3) che il mediatore certifichi
l'autografia delle sottoscrizioni in calce al verbale di mediazione e
all'accordo di conciliazione ove non sia richiesto (qualora si tratti di atti
sottoposti a trascrizione) l'intervento notarile. Piuttosto, ai sensi del
successivo articolo 12, gli avvocati devono attestare la conformità
dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. L'ultima parte del
nuovo comma 20 bis presumibilmente risolve il problema della sottoscrizione, ad
opera degli avvocati, del verbale di mediazione a distanza, risolvendo così il
problema della “omologa” ad opera degli avvocati dell'accordo di conciliazione
e parimenti anche il problema della sottoscrizione ad opera del mediatore
collegato da remoto. Più difficile, apparentemente, è comprendere la portata
del penultimo periodo.
Di norma, nella mediazione
di presenza, la certificazione della provenienza della sottoscrizione delle
parti del procedimento è compito del mediatore, dunque è presumibile ritenere
che la norma - volendo agevolare la mediazione a distanza e sollevare da
responsabilità il mediatore che magari non conosce le parti personalmente, non
le ha mai viste prima e, a distanza, non ha avuto modo di effettuare degli
adeguati riscontri sull'identità - consente di caricare (o scaricare) sugli
avvocati la responsabilità di certificare la autografia della sottoscrizione
del “proprio cliente”. Dunque il nuovo comma 20 bis, probabilmente in deroga
all'art. 11, comma 3, prima parte, e forse anche al successivo comma 4, prevede
che, in caso di mediazione telematica, il mediatore sia dispensato dal
dichiarare la autografia della sottoscrizione delle parti, e rimette la stessa
attestazione, per ciascuna delle parti, al rispettivo difensore.
In ogni caso la norma
consente l'uso della sottoscrizione elettronica ad opera degli avvocati e del
mediatore, purché utilizzino una firma digitale. Non parrebbe, invece, imporre
l'uso della firma digitale ad opera delle parti, stante il mancato riferimento
alla firma digitale e l'uso, con riferimento alla firma della parte, delle
parole “apposta in calce al verbale”, che inevitabilmente fanno pensare ad una
sottoscrizione apposta con modalità analogica, al di là della circostanza che
il legislatore non parla di firma elettronica in generale, ma usa il termine
tecnico di “firma digitale”, di cui alla lettera s) dell'articolo 1 del d.lgs.
n. 82/2005, di cui le parti raramente sono munite.
Deve aggiungersi che il
legislatore ha cura di precisare che la sottoscrizione con firma digitale ad
opera del mediatore e degli avvocati vale ai fini dell'esecutività dell'accordo
prevista dall'art. 12 del d.lgs. n. 28/2010, con ciò, da un lato, togliendo
ogni dubbio sulla piena equipollenza della mediazione telematica a distanza
rispetto alla mediazione tradizionale svolta in presenza delle parti e,
dall'altro, in assenza di alcuna previsione per gli atti sottoposti a
trascrizione, conferma la necessità, per altro di carattere sistematico,
dell'intervento del notaio per gli accordi di conciliazione che abbiano ad
oggetto diritti reali immobiliari.
Non rientra tra le finalità
di queste brevi note fornire indicazioni su come debba svolgersi la mediazione
telematica (qualora non sia richiesto l'intervento del notaio), tuttavia pare di
poter ritenere che il legislatore, stante anche la finalità emergenziale della
normativa, abbia voluto lasciare un certo margine di libertà agli organismi di
mediazione e alle parti. Rientra piuttosto nei compiti di questo scritto
esporre le modalità di funzionamento della mediazione telematica allorché sia
necessario, stante la natura e il contenuto dell'accordo di conciliazione,
l'intervento del notaio - pubblico ufficiale per procedere alla
“notarizzazione” dell'accordo.
Prima di entrare nel
dettaglio pratico, occorre procedere ad una breve premessa di ordine
teorico-concettuale. Il legislatore del d.lgs. n. 28/2010 con una certa
disinvoltura unifica e accorpa il verbale conclusivo del procedimento di
mediazione, ossia un atto procedimentale, con l'accordo di conciliazione, ossia
un atto contrattuale (o comunque come si dice con termine giuridico
“negoziale”), con il quale le parti procedono a regolamentare le proprie
situazioni giuridiche. Alla luce delle elaborazioni dottrinali in materia, e
anche delle variazioni nel tempo del testo di legge, ormai non vi sono dubbi
sulla distinzione concettuale tra il verbale, che conclude il procedimento di
mediazione, e l'accordo di conciliazione che ne è il prodotto, che poi
dovranno, per varie esigenze, “viaggiare” insieme nei documenti, pur rimanendo
concettualmente e giuridicamente distinti.
La circostanza che il
verbale conclusivo del procedimento di mediazione e l'accordo di conciliazione
debbano avere una contestualità temporale e un innegabile collegamento ai fini
fiscali - così come la prassi di alcuni notai di procedere alla stipula di un
unico atto/verbale - non impedisce che ci sia una nettissima differenza
giuridica tra il verbale di mediazione e l'accordo di conciliazione, come si
osservava sopra. La differenza giuridica, che poi diviene differenza
documentale, si percepisce con maggiore chiarezza proprio nel campo della
mediazione telematica - e questo a prescindere dalle opportunità offerte dal
comma 20 bis dell'art. 83 del D.L. “Cura Italia”.
In particolare, anche il più
semplificato genere di atto notarile, ossia la scrittura privata autenticata
(particolarmente adatta al procedimento di mediazione), presuppone che “le
firme furono apposte in presenza del notaio” (art. 72 legge notarile),
nonostante l'art. 106 dello stesso D.L. “Cura Italia” preveda, per l'emergenza,
alcuni tipi di assemblee il cui verbale venga redatto dal notaio “a distanza”,
allo stato attuale del sistema legislativo, la notarisation avviene di
presenza, il che non implica assolutamente che in “presenza” il notaio riduca
la distanza di sicurezza anti-virus di uno (o anche due metri) con la parte,
visto che la sottoscrizione alla distanza di tre metri, con guanti e
mascherina, è sempre una sottoscrizione alla presenza del notaio.
Partiamo dunque dal
presupposto che le parti siano due, nello studio del notaio, e che mediatore e
avvocati siano collegati da remoto (ipotesi estrema, ma comunque possibile) e
che svolgano in video-conferenza l’ultimo (o unico) incontro di mediazione in
questa particolare sessione, riuscendo a conciliarsi. A questo punto occorre
procedere alla sottoscrizione del verbale e dell'accordo; il mediatore
predisporrà il testo del verbale e il notaio, “rogando” la volontà delle parti
e facendosi spiegare l'accordo, redigerà il testo finale dell'accordo di
conciliazione; entrambi (notaio e mediatore) sottoporranno i propri testi agli
avvocati e alle parti in video-conferenza o trasmettendoli con i mezzi
telematici a sostegno (ad es. posta elettronica o app che girano sui telefoni
cellulari) della video-conferenza; una volta definiti i testi, il verbale
conterrà un sunto dell'accordo di conciliazione o più probabilmente rinvierà al
separato accordo di conciliazione autenticato dal notaio. E' evidente che,
nella pratica, tutte queste attività vengono svolte in una sessione preliminare
e che notaio e mediatore avranno presumibilmente già trasmesso i testi agli
avvocati e ottenuto la loro approvazione in previsione della sessione
conclusiva.
Indi le parti procedono alla
sottoscrizione analogica “in calce al verbale” e provvederanno a trasmettere,
con mezzo informatici, la copia per immagine dello stesso verbale agli avvocati
e al mediatore, i quali, con separata sottoscrizione digitale sul medesimo file
informatico, attesteranno la conformità dell'accordo alle norme imperative e la
autografia delle sottoscrizioni. E poi trasmetteranno il file, munito di firme
digitali, al notaio, il quale effettuerà la copia/trasposizione analogica del
verbale ai sensi dell'art. 23 del codice dell'amministrazione digitale e la
allegherà al proprio rogito.
Chiaramente se tutti gli
attori del procedimento sono muniti di firma digitale, il problema è molto più
limitato, sia dal punto di vista pratico che giuridico, poiché parti e
mediatori firmeranno digitalmente e il notaio, ove non volesse procedere con
atto pubblico informatico, procederà ad allegare all'atto la copia analogica
del verbale digitale.
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