INTERVISTARE L’INTERVISTATORE
Già intervistare Michael McIlwrath, Senior Counsel Litigation GE Oil & Gas, arbitro internazionale, formatore e membro del Board dell’International Mediation Institute è un privilegio e un’emozione.
Ancora di più, se possibile, scoprendo che tiene due microfoni montati in ufficio e vanta un centinaio di interviste da lui condotte a personalità nel mondo della mediazione e dell’arbitrato internazionale ( la più recente con William Ury
PARTIAMO DA DARWIN
Il pensiero di Michael si poggia su basi scientifiche: il “combinato disposto” delle teorie di Charles Darwin, in particolare The expression of the emotions in men and animals,in cui si approfondisce come la nascita della gestione delle espressioni sia in comune non solo con gli esseri umani ma anche con gli animali. E la conoscenza dell’origine delle emozioni più profonde è bagaglio indispensabile per chi tratta conflitti: le culture possono cambiare, ma certe emozioni fanno profondamente parte di chi siamo noi. La nascita delle emozioni interne forse era in comune non solo con un cane, ma con il nostro antenato comune.
A proposito di evoluzione, confortato
anche dalla sua recente intervista con William Ury, Michael osserva che
l’evoluzione della gestione dei conflitti fa riscontrare da una parte
differenze nei piccoli gruppi umani, ma una similarità di sviluppo nelle
comunità più estese, con l’introduzione di figure più evolute come quelle del
giudice e del conciliatore. Uno sviluppo unidirezionale, senza passi indietro,
una forma di evoluzione culturale che rimane nel tempo.
LA TEORIA DELL’ALTRUISMO
Se non conosci la teoria che sta dietro all’arte moderna, non puoi capirla, diceva Robert Wolff. Quale teoria sta dietro la gestione dei conflitti? La teoria è l’altruismo, la teoria dell’altruismo reciproco di Robert Trivers. L’evoluzione ha portato l’uomo a essere un animale sociale e altruista, garantendo l’altruismo una maggior competitività intra ed extraspecifica. Viceversa, è la mancanza di altruismo, di reciprocità, che genera conflitto.
C’è solo un modo per eludere
questa tendenza all’altruismo, l’autoconvincimento di essere nel giusto. Questo porta le persone a
combattere di più , se sono convinte di avere ragione.
Ma esiste la ragione? Esistono
fatti, e soprattutto teorie. Poi ci sono le percezioni della realtà.
“Io non traffico con la realtà,
ma con percezioni della realtà” dice Michael a proposito del suo lavoro.
A questo proposito, un’esperienza di conciliazione in Malesia. Una parte chiedeva 20 milioni, ma l’altra parte, in sessione separata, fa presente al conciliatore che dalle carte, condivise, la somma del richiesto era 6 + 6 + 0,5 = 12,5 milioni. Il conciliatore dice soltanto che è possibile. La parte, di fronte al mancato riconoscimento del risultato di una somma algebrica, perde la fiducia nell’imparzialità del mediatore. La percezione d’imparzialità che, così facendo, paradossalmente il conciliatore voleva salvaguardare.
“La possibilità di riconoscere certi fatti, come quello di essere qui ora, o che domani sorgerà il sole, non deve essere messa in discussione. Il conciliatore deve poter costruire una realtà condivisa”.
ARBITRATO, MEDIAZIONE, NEGOZIAZIONE
Quali rapporti tra arbitrato,
mediazione e negoziazione? Lo sviluppo è sempre più interrelato. L’arbitro
dovrebbe fare il lavoro del conciliatore, il conciliatore può essere
valutativo, il negoziatore può arrivare a fare il mediatore. L’importante è
riuscire per portare a casa un risultato vantaggioso per la parte.
E’ possibile anche passare da due arbitrati, come ci è successo, a una mediazione congiunta. Con riserva che l’arbitro, divenuto mediatore, se non è efficace si dimetta dal collegio arbitrale.
Mercedes Tarrazon , in un arbitrato
in Bolivia, in conflitti sviluppati, aveva la facoltà di convocare le parti a
fare una mediazione. “Questo funziona solo quando l’arbitro conosce bene il
ruolo del mediatore e non brucia la neutralità".
continua...
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